STUDI – È uscita la congiuntura IV trimestre 2021

Sta frenando, in questo inizio anno, la spinta che ha caratterizzato il 2021, l’impeto del rimbalzo in uscita dall’emergenza economica causata dalla pandemia.
La ragione è da attribuirsi prevalentemente a variabili sì esogene alle imprese, ma in grado di metterne in discussione la performance: dal caro bollette alla difficoltà di reperimento e al costo di materia prima e semi-lavorati. Situazione che, come rilevato dal nostro sondaggio di inizio anno, porta circa il 30% delle nostre imprese a lavorare in perdita, il 14% a ridurre o modificare l’orario di lavoro e il 6% a scegliere di non adempiere ai contratti in essere.
“Si può affermare che l’anno appena chiuso sia stato contraddistinto dalla difficoltà di reperimento delle materie prime, che a sua volta ha messo sotto pressione i magazzini: sia per i materiali per la produzione (-14,5) che per i prodotti finiti (-10,4) il saldo tra valutazione di eccedenza e scarsità raggiunge il minimo storico. I settori dove si rileva particolare penuria sono: carta-stampa (saldo pari a -22,7), meccanica (-20,9), legno-mobilio (-19,8) e siderurgia (-17,1) – spiega Eugenio Massetti, Presidente Confartigianato Lombardia.
Non solo la scarsità ma anche i rincari delle materie prime hanno caratterizzato tutto il 2021 subendo un’ulteriore accelerazione nell’ultima parte dell’anno, con una variazione congiunturale del +14,1%. Da tutto ciò consegue una riduzione dei margini di redditività delle imprese artigiane, che riescono a “scaricare” solo in parte i maggiori costi sui prezzi finali dei prodotti (+6,9%)”.
Più in generale, guardando ai dati e considerando l’attuale situazione, si nota un ‘raffreddamento’ del clima di fiducia, in modo particolare proprio per l’artigianato manifatturiero.
Evidenza interessante, a questo riguardo, quella della produzione. Nonostante l’artigianato manifatturiero lombardo faccia segnare nel 2021, rispetto al 2020, una crescita media annua del +11,7%, ciò non risulta sufficiente a chiudere il gap con l’anno pre-pandemia (2019), restando sotto dell’1,5%. A livello settoriale, 6 comparti su 11 non hanno ancora colmato il gap con i livelli pre-crisi. La situazione risulta particolarmente pesante nella moda: pelli-calzature (-26,7%), abbigliamento (-11,6%) e tessile (-5,5%). Cali produttivi si registrano anche nelle manifatture varie (-7,9%), nella carta-stampa (-4,4%) e negli alimentari (-3,4%).
“Ma il quadro non è certo solo nero: l’indice di produzione, a fine 2021, ha sfondato quota 100, il massimo storico della serie a seguito della crisi del 2011-2012. Inoltre, se da una parte si osserva il ricorso straordinario al magazzino, dall’altra rileviamo un incremento del tasso utilizzo degli impianti e dei giorni di produzione garantiti – continua Massetti.
Ciò conferma che le nostre imprese mettono coraggio e dedizione nella loro attività. Questo trova evidenza anche dai dati della nostra survey che ci dicono che, a seguito dello scoppio della crisi, il 55% di loro ha messo in campo azioni di sviluppo rimboccandosi le maniche, cercando nuove strade e rispondendo alle diverse esigenze del mercato”.
Nonostante i buoni risultati conseguiti nel 2021, i timori legati al peggioramento della situazione causano un calo delle aspettative sui primi tre mesi del 2022. Il deterioramento è particolarmente evidente per la domanda interna, che svolta in territorio negativo, mentre le previsioni su produzione, occupazione e domanda estera vedono ancora una prevalenza di aspettative di crescita.
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