STUDI – È uscita la congiuntura IV trimestre 2021
- lombardiaconfartig
- 17 feb 2022
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Sta frenando, in questo inizio anno, la spinta che ha caratterizzato il 2021, l’impeto del rimbalzo in uscita dall’emergenza economica causata dalla pandemia.
La ragione è da attribuirsi prevalentemente a variabili sì esogene alle imprese, ma in grado di metterne in discussione la performance: dal caro bollette alla difficoltà di reperimento e al costo di materia prima e semi-lavorati. Situazione che, come rilevato dal nostro sondaggio di inizio anno, porta circa il 30% delle nostre imprese a lavorare in perdita, il 14% a ridurre o modificare l’orario di lavoro e il 6% a scegliere di non adempiere ai contratti in essere.
“Si può affermare che l’anno appena chiuso sia stato contraddistinto dalla difficoltà di reperimento delle materie prime, che a sua volta ha messo sotto pressione i magazzini: sia per i materiali per la produzione (-14,5) che per i prodotti finiti (-10,4) il saldo tra valutazione di eccedenza e scarsità raggiunge il minimo storico. I settori dove si rileva particolare penuria sono: carta-stampa (saldo pari a -22,7), meccanica (-20,9), legno-mobilio (-19,8) e siderurgia (-17,1) – spiega Eugenio Massetti, Presidente Confartigianato Lombardia.
Non solo la scarsità ma anche i rincari delle materie prime hanno caratterizzato tutto il 2021 subendo un’ulteriore accelerazione nell’ultima parte dell’anno, con una variazione congiunturale del +14,1%. Da tutto ciò consegue una riduzione dei margini di redditività delle imprese artigiane, che riescono a “scaricare” solo in parte i maggiori costi sui prezzi finali dei prodotti (+6,9%)”.
Più in generale, guardando ai dati e considerando l’attuale situazione, si nota un ‘raffreddamento’ del clima di fiducia, in modo particolare proprio per l’artigianato manifatturiero.
Evidenza interessante, a questo riguardo, quella della produzione. Nonostante l’artigianato manifatturiero lombardo faccia segnare nel 2021, rispetto al 2020, una crescita media annua del +11,7%, ciò non risulta sufficiente a chiudere il gap con l’anno pre-pandemia (2019), restando sotto dell’1,5%. A livello settoriale, 6 comparti su 11 non hanno ancora colmato il gap con i livelli pre-crisi. La situazione risulta particolarmente pesante nella moda: pelli-calzature (-26,7%), abbigliamento (-11,6%) e tessile (-5,5%). Cali produttivi si registrano anche nelle manifatture varie (-7,9%), nella carta-stampa (-4,4%) e negli alimentari (-3,4%).
“Ma il quadro non è certo solo nero: l’indice di produzione, a fine 2021, ha sfondato quota 100, il massimo storico della serie a seguito della crisi del 2011-2012. Inoltre, se da una parte si osserva il ricorso straordinario al magazzino, dall’altra rileviamo un incremento del tasso utilizzo degli impianti e dei giorni di produzione garantiti – continua Massetti.
Ciò conferma che le nostre imprese mettono coraggio e dedizione nella loro attività. Questo trova evidenza anche dai dati della nostra survey che ci dicono che, a seguito dello scoppio della crisi, il 55% di loro ha messo in campo azioni di sviluppo rimboccandosi le maniche, cercando nuove strade e rispondendo alle diverse esigenze del mercato”.
Nonostante i buoni risultati conseguiti nel 2021, i timori legati al peggioramento della situazione causano un calo delle aspettative sui primi tre mesi del 2022. Il deterioramento è particolarmente evidente per la domanda interna, che svolta in territorio negativo, mentre le previsioni su produzione, occupazione e domanda estera vedono ancora una prevalenza di aspettative di crescita.
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