top of page

Home

CATEGORIE - Moda: “La Certificazione di filiera è solo il primo passo per tutelare il vero Made in Italy”

ree

Il sistema moda italiano si trova oggi di fronte a una svolta decisiva con l’introduzione della Certificazione unica di conformità delle filiere della moda, destinata a ridefinire criteri e responsabilità lungo tutta la catena produttiva.


"Abbiamo accolto questa innovazione con favore – dichiara Eugenio Massetti, Presidente di Confartigianato Lombardia – perché rappresenta un passo significativo verso una maggiore legalità e trasparenza nei processi produttivi. Lo abbiamo fatto a livello nazionale e lo ribadiamo con convinzione in Lombardia, cuore del fashion nostrano. Ora, però, è necessario proseguire con determinazione: la sfida non si esaurisce con l’introduzione della certificazione. Serve una riforma strutturale che valorizzi la manifattura locale, integri gli strumenti di certificazione già esistenti e istituisca un tavolo tecnico permanente in grado di definire modelli di controllo realmente efficaci e sostenibili."


Gli fa eco Massimo Vielmi, Presidente della Federazione regionale Moda di Confartigianato: "Il Made in Italy autentico è frutto di un patrimonio immenso ereditato dalla nostra storia un patrimonio di saperi, cultura del fare e creatività diffuso nei nostri territori e nelle nostre imprese artigiane. Ma nel tempo questo capitale identitario è stato progressivamente sperperato. La certificazione della filiera è un primo passo importante per ricominciare un percorso di tutela, di crescita e di responsabilità condivisa. Tuttavia, serve molto di più: occorre un sistema che rimetta al centro il valore umano e manifatturiero del nostro modello produttivo.”


Il Made in Italy attraversa oggi una fase complessa, segnata da scandali, delocalizzazioni occulte e rapporti contrattuali penalizzanti per molte imprese artigiane. Il rischio è quello di compromettere la credibilità di un sistema produttivo fondato sulla qualità e sull’etica del lavoro.


Le recenti inchieste che hanno coinvolto marchi simbolo della moda italiana hanno messo in luce pratiche opache e forme di concorrenza interna sempre più sleale. Mentre il fast fashion continua a imporsi con modelli globali e ritmi frenetici, le imprese artigiane – custodi del vero saper fare – fanno sempre più fatica a mantenere identità e margini sostenibili.


In questo quadro, la Certificazione unica di filiera nasce proprio con l’obiettivo di promuovere tracciabilità, equità e responsabilità, valorizzando i processi produttivi e non soltanto il marchio finale. Ma, per essere davvero efficace, dovrà adottare una logica sistemica e inclusiva, in grado di coinvolgere anche le micro e piccole imprese che costituiscono l’ossatura della manifattura italiana.


Confartigianato Moda richiama l’importanza di rendere tale certificazione uno strumento di competitività reale e non un ulteriore adempimento burocratico. Occorre un quadro normativo che premi le aziende virtuose, garantisca trasparenza nei contratti lungo la catena del valore e riconosca un’equa remunerazione ai subfornitori.


Il percorso verso la legalità deve poggiare su regole chiare e uguali per tutti gli attori della filiera. “Non possiamo più permettere – osserva Vielmi – che le imprese committenti si sottraggano alla responsabilità sociale e contrattuale verso chi produce. Il rispetto della legge 192/1998 sulla subfornitura, la trasparenza dei rapporti e la tracciabilità delle lavorazioni devono diventare principi inderogabili. Solo così il Made in Italy potrà recuperare autenticità e credibilità sui mercati internazionali. Il Made in Italy non è un’etichetta, ma una catena di valore che unisce persone, imprese e territori. Riconoscerlo significa tornare a investire nella nostra identità produttiva, ridare dignità al lavoro artigiano e assicurare al Paese una crescita fondata su legalità, competenza e responsabilità.”

Commenti


Le ultime news 
Le ultime news
del territorio
bottom of page